Giovanni Allevi

Una montagna di capelli, scompigliati e scapigliati come si confà ad un vero srtista. Una maglietta e un jeans indosso ad un ragazzo. Forse un pò magruccio, forse un pò pallido, ma un ragazzo come se ne vedono tanti altri in giro. Eppure la cifra della sua esistenza non sono i capelli o il fisico, bensì le mani. Non troppo grandi e tozze. Le mani di un pianista. Il miglior pianista in circolazione.

La postura è rivoluzionaria, riverso sulla tastera. Lontano dalla rigida impostazione classica. Le mani sono velocissime, si incrociano, calcano i tasti o li sfiorano dolcemente. Non fa differenza. Dalla cassa armonica del pianoforte escono le note giuste, la giusta intonazione, il giusto ritmo, il giusto peso. E come un modeerno "Novecento", Giovanni Allevi sembra essere impossessato dalla musica. Sembra sentirla a tal punto da rendere necessaria la violenza di uno scatto repentino per staccarsi dal pianoforte. Egli è la musica. E' qui che il suo corpo respira, i suoi occhi guardano e le mani scorrono. Finita la musica c'è solo spazio per un applauso che lui puntualmente dedica allo strumento (accarezzandolo) e per ritornare, scaraventato, nel mondo. Quello senza musica, dove il ritmo è scandito dalle mani del suo pubblico e dove lui sembra essere un corpo estraneo, in preda ai piccoli spifferi che lo circondano.

E' Giovanni Allevi. Io l'ho visto dal vivo al Blue Note di Milano, sabato scorso. E vi garantisco che l'atmosfera era speciale (e non solo per la musica)...

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