Brambilla, Carfagna, Ceccacci: i video-agguati della memoria
di FILIPPO CECCARELLI
Come passa il tempo, come cambiano le storie, e come mutano anche le cose di cui vergognarsi! Un tempo polverose foto in camicia nera, elogi e saluti al duce, soggiorni nella Germania nazista, scritti a difesa della razza. Oggi corpi nudi, oleosi e sgocciolanti di ministre in formato digitale. Ieri compromissioni con il regime e ora piccantissime performance di aitanti sottosegretarie nella notte trasgressiva di Barcellona.
Sull'incubo di intellettuali e politici disposti a tutto pur di far dimenticare i loro trascorsi mussoliniani c'è una vasta pubblicistica, vedi anche Cancellare le tracce di Pierluigi Battista (Rizzoli, 2007). Nei primissimi anni ottanta, l'attuale ministro Matteoli a tal punto prese di petto i dimenticati ardori fascisti di Giovanni Spadolini che, quando cominciò a farlo anche Mario Capanna, il leader repubblicano non potè far altro che giustificarsi - e lo fece con un breve e assai dignitoso articolo sulla Nuova Antologia: "Sì, quel ragazzo ero io".


Michela Vittoria Brambilla, invece, è da qualche giorno disponibile su Youtube in forme piuttosto concitate, sonagliera rock di sottofondo, guantini, minigonna cortissima, occhiali neri di notte, balla a gambe divaricate e accompagna i teleutenti alla scoperta delle perversioni di un club spagnolo, ma visto che è lì ben si adatta al clima, che decisamente vira verso il sadomaso.
E' un servizio televisivo del 1991, anch'esso blindato da qualsiasi spiffero umoristico, anzi: a un certo punto l'odierna sottosegretario e magari domani vice ministro del Turismo, travestita da dominatrice dark, conduce per qualche istante a guinzaglio due schiavetti che Gianluca Nicoletti sulla Stampa di ieri ha descritto "muniti di finimenti di cuoio, sospensorio metallizzato e pantaloni di latex con natiche all'aria". Nulla di drammatico, s'intende, né di davvero compromettente. Eppure pur sempre un agguato della memoria. Come dire qualcosa che dorme nel passato e che, riscossa maliziosamente dal sonno, finisce per risultare ancora più buffa per Mara o Michela che forse se n'erano perfino dimenticate. Una specie di ritardato contrappasso del pregresso narcisismo; un leggiadro castigo impartito dal sistema dei media a chi un tempo voleva solo divertirsi, o far carriera, o sbarcare il lunario, ma che una volta assurto ad alti incarichi ministeriali è costretto a darsi un immagine di serietà e magari adesso s'impanca pure a strenua difesa dei "valori".
Le occasioni, d'altra parte, si ripetono e si moltiplicano. E così ritornano i nudi della giovane Mussolini; e il calendario della Santanché; e le foto provocanti dell'onorevole Fiorella Ceccacci Rubino, che è ormai alla sua seconda legislatura, ma prima fu attrice poliedrica, e sexy-sexy, e della quale si vanno a raccogliere pareri e ricordi di set a Tinto Brass, per poterli poi mettere a confronto con la frequentazione dei pellegrinaggi e dei corsi organizzati a Montecitorio da monsignor Fisichella.
Ovvio che il rischio incombente è quello del maschilismo. Perché ognuna avrà avuto le sue buonissime ragioni per farsi le foto e i video che vuole e che voleva. E da questo punto di vista, per parificare il conto tra i sessi, varrà giusto la pena di ricordare che tra il fascismo occultato di due generazioni fa e le tette dimenticate di oggi si pone un ciclo storico di uomini pizzicati come modelli di pubblicità: un capellutissimo Berlusconi per lo Stock 84 e vestito da calciatore con una coppetta di gelato in mano; e Claudio Martelli per una linea di abbigliamento maschile. Come pure si sono registrati sghignazzi a proposito di politici che hanno posato come attori di fotoromanzi: lo scenografo di Craxi, Panseca, sul leggendario "SuperSex", Chicco Testa, pure immortalato in mutande, per il giornale delle lucciole, fino a Rutelli, anche lui con motivazioni sociali, su una pubblicazione ambientalista.
E però, date le circostanze e il ritmo di crescita delle nudità istituzionali, si converrà che gli agguati della memoria stanno cambiando vertiginosamente genere, forma e contenuto. Riguardano cioè le donne, mettono in causa il più retrattile senso del pudore e dal punto di vista dell'evoluzione tecnologica attengono a quella che gli studiosi definiscono la "sfera visiva". Sono divenuti cioè video-agguati e hanno luogo ormai definitivamente sulla rete.
Come passa il tempo, davvero, e come le immagini lo certificano. A volte basta un caso di omonimia per rendersene conto. Quasi vent'anni fa un deputato che si chiamava Savino, socialista lucano, ebbe i suoi guai per una foto che lo aveva immortalato mentre dormiva in aula. Ieri il sito Dagospia, irresistibile interprete di questo tempo, presentava l'onorevole Elvira Savino, giovane, frizzante e graziosa giornalista berlusconiana dotata di tacco da
Vasto programma, si direbbe. E anche se la domanda è da brontoloni, con l'aria che tira nel palazzo e nell'informazione viene da chiedersi per quanto tempo ancora la vergogna sarà considerata una virtù.
da La Repubblica.it
18 maggio 2008
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